Nouvelle cuisine

L’uomo infilò la testa nel frigorifero.

Immediatamente sentì il fresco del frigo investirgli la faccia e ci cacciò dentro una mano. Scartò un po’ tra i ripiani. Alla fine scelse una confezione di cipolline sott’aceto, una bottiglia di cabernet e tornò ai fornelli.

Passando davanti al lavello afferrò al volo un bicchiere: ci versò dentro due dita di vino e lo assaggiò con soddisfazione: “Mmmm… buono!”, mormorò facendo schioccare la lingua come un sommelier di lungo corso. Ne versò un altro mezzo bicchiere, quindi vuotò il liquido scuro in una larga padella antiaderente, dove dei tocchetti di fegato stavano saltando su un fuoco allegro.

L’alcol evaporò quasi subito in una nuvoletta chiara che gli pizzicò le narici.

Abbassò la fiamma e cominciò a rimestare il contenuto con dei colpi secchi, finché i pezzi di carne non assunsero un colorito sano e dorato, poi rimase a guardare compiaciuto il fondo della padella.

Il segreto col fegato è tagliarlo a striscioline abbastanza sottili, ma non troppo, perché – anche in cottura – deve sempre mantenere una certa consistenza. L’uomo tastò la carne con una forchetta, infilzò un tocchetto, l’assaggiò e rimase a masticare per un poco. “Delizioso…”, mormorò con gli occhi chiusi.

Altro che soglioletta!”, aggiunse soddisfatto.

No, niente dieta.

Almeno per oggi.

Per dormire, morire e iniziare una dieta c’è sempre tempo!”

E poi, come si faceva a dire di no?!

Appena l’aveva visto quel fegato – così rosso e sodo – centrargli il grembiule con uno schizzo di sangue vivo, quando l’aveva poggiato sulla bilancia per pesarlo, non aveva saputo resistere alla tentazione: l’aveva avvolto in un pacchetto e se l’era portato a casa.

Perché lui adorava il fegato, ed era un sacco di tempo – da quando aveva disgraziatamente deciso di perdere peso – che non ne aveva assaggiato più una fettina.

E poi chi l’ha detto che fa ingrassare?

Piuttosto è pieno di vitamine e di ferro, e Iddio solo sa se – in questo dannato periodo – non ne aveva bisogno!

Al fegato, poi, si legano molte credenze, e un tempo era ritenuto la sede del coraggio in battaglia.

Spense i fornelli, coprì la padella con un coperchio, e iniziò sistematicamente ad apparecchiare, stendendo sul tavolo una tovaglia con dei grossi girasoli ricamati e due piatti di porcellana francese, con due paia di bicchieri, forchette e coltelli.

Aveva appena finito di piegare per bene i tovaglioli sotto i piatti, quando sentì scattare la serratura all’ingresso. Una signora bionda, con un filo di perle su un maglione a collo alto, si affacciò in corridoio: “Amore? Sono a casa!”, strillò.

Erica?! Sono in cucina!”, rispose lui dall’altra parte della casa, lasciando perdere l’affare dei tovaglioli.

Erica agganciò il cappotto scuro su un attaccapanni di noce all’ingresso, lasciò le scarpe in corridoio e si avviò scalza in cucina. “Mmmm… che profumino!”, disse entrando.

L’uomo la accolse con un sorriso da orecchio ad orecchio: “Visto? Dì la verità: che grande chef che è tuo marito!”

Un momento!”, fece lei afferrando una delle due forchette sul tavolo. Si avvicinò alla pentola sul fornello spento, alzò il coperchio e infilzò un tocchetto di carne scura e soda. Masticò lentamente e con gusto. “Hai ragione amore mio… saresti stato proprio un grande chef!”

Vero?”, rispose lui con un pizzico di superbia.

Lei scoppiò a ridere: “Sì Lamberto, un grande chef… peccato, però, che tu sia rimasto solo un medico legale!”

La battuta gli piegò all’ingiù gli angoli della bocca…

Rimase in silenzio per qualche secondo: “Sì, ma sono bravissimo anche in quello, però!”, sbottò alla fine rimpettendosi. “Sono capace di finire un’autopsia completa in meno di quaranta minuti. Oggi, per esempio, c’era un ragazzo di trent’anni sul tavolo operatorio, un bel ragazzo… l’avevano investito sulla variante e aveva tutta la parte destra della faccia…”

Eh no Lamberto! Non vorrai ricominciare adesso! Non tutte le volte che dobbiamo mangiare, Dio buonino!”

Lamberto si grattò delicatamente il mento con la mano sinistra, come per consolarsi, quindi afferrò la padella per il manico di plastica ed iniziò a servire in tavola, partendo dal piatto di lei. “Hai ragione, mangiamo…”, si limitò a dire.

Erica divorò con gusto l’intera porzione di fegato, lasciandosi andare, ogni tanto, a qualche mugolio di piacere. “Buono davvero!”, esclamò alla fine, accompagnando l’ultimo boccone con un bel sorso di cabernet. “Non avrei saputo fare di meglio”, aggiunse.

Lamberto sorrise soddisfatto.

Pranziamo assieme anche domani?”, gli chiese lei sparecchiando.

Mi sa che domani non ce la faccio a tornare…”, rispose Lamberto a mezza bocca.

Giornata lunga?”

Eh sì… ho ancora due autopsie che mi sono rimaste della sparatoria di ieri notte… e poi c’è quella di un bambino di tre anni…”, mormorò dispiaciuto.

Oh Dio mio!”, esclamò Erica, portando una mano alla bocca.

Eh sì…”.

E com’è successo?”

Una tragedia… la mamma era in bagno a svuotare la lavatrice, e lui è corso da solo in terrazzo. È stato un attimo: è salito su una bacinella, ha scavalcato la ringhiera ed è saltato giù dal quarto piano… è morto sul colpo!”

La donna sbarrò gli occhi, poi ingoiò saliva: “Poverino… povera mamma! Proprio non la reggerei una tragedia del genere!”, esclamò con le lacrime agli occhi.

A chi lo dici!”, concordò lui.

Com’è crudele la vita…”, fece Erica con voce rotta e la testa bassa, poi tirò su col naso e alzò lo sguardo: “Vabbè, capita… Vorrà dire che, almeno, domani sera mi cucinerai l’agnello!”, concluse allargandosi in un sorriso.